domenica 2 settembre 2012

ALLA DERIVA SU UN MATERASSINO DI RABBIA

Ho divorato la riflessione di Eugenio Scalfari sui mali antichi che insidiano l'Italia, primo tra tutti la rabbia. Un malessere subdolo che si è insinuato nelle viscere nel nostro Paese, permeando gli animi di ciascuno, a diversi livelli e innescando una lotta fratricida che nell'esempio più immediato e attuale è rappresentato dall diverse ragioni che convivono a Taranto: quella dei 18mila lavoratori dell'Ilva (30mila se si considera l'indotto) a rischio di perdere il lavoro e quella dei 186 mila abitanti, tutti quanti, bambini e neonati compresi. Una riflessione che il fondatore di Repubblica riprende dall'attore Riondino, attivo nella protesta tarantina; una riflessione che però lascia tutti noi in una strana epoché, sospesi e incapaci di giudicare a chi tributare la vera ragione. Consapevoli delle ragioni di tutti e che tutti hanno la loro ragione. Un discorso che ovviamente si estende sia ai lavoratori dell'Alcoa che a quelli della Carbosulcis.
Eppure nella rabbia su cui ci fa riflettere Scalfari, annoverata tra i mali antichi che ci affliggono, io tristemente avverto un odere di novità. Moderna. Nel senso che è figlia di questi tempi in cui si coltivano ritmi frenetici e affannosi per cercare di conquistare gli agi di una vita che costa. Di un benessere che costa. E che non vale il tempo che gli viene dedicato. E così si incappa in persone dal doppio cellulare o in confessioni di prestiti avviati per fare vacanze da sogno. Un paese di naufraghi arrabbiati che galleggiano su materassini bucati nel tentativo di arrivare prima di altri a toccare terra sull'isola che non si vede perché non c'è.
E quindi si corre, non ci si dedica tempo, si cerca di superare. E poi ci si arrabbia contro chi è arrivato prima o, ancor peggio, nei confronti di chi è stato messo dalla vita o dai propri meriti, nelle condizioni di avere di più. E questo, a parer mio, è tanto più vero quanto più - come ci dicono i dati pubblicati ieri dai giornali - si amplifica la forbice tra chi sta bene e chi sta male.
Ma a convivere con la rabbia e con la negatività si corre ben più di un rischio. Anzitutto che il Paese venga fiaccato nella sua positiva creatività ("Che cosa lo faccio a fare?" "A che cosa serve?") e poi, ancor peggio, si profila la diminuzione di senso etico, cardine di ogni Stato civile. Per cui aumenta quell'acredine degli uni contro gli altri che diventa ferocia quando il pane è poco e si è in tanti. Insomma, la lotta è aperta. A sintetizzarlo: mors tua vita mea. Un cannibalismo che via via verrà legittimato. Come lo era in tempo di guerra, il furto dei vivi ai danni dei morti.
Infine. Il rischio maggiore, per come appare a me questa deriva tra collasso economico (destinato a perdurare almeno per un quinquennio), ottusa persistenza di una mancanza di senso dello Stato e presunzione di non voler rinunciare a niente di quel che sì è finora avuto, è un generico impoverimento dei rapporti umani, e - in particolare - della genuina sincerità degli uni verso gli altri. E in un contesto, in un qualsiasi contesto (sociale, relazionale, lavorativo, sportivo), nel momento un cui viene meno la sincerità è venuta meno la base su cui edificare. Cioè, la sostanza.

5 commenti:

Unknown ha detto...

Cara Chiara (cominciamo bene, con un gioco di parole... ma per me sei cara e voglio esprimertelo!),
non posso che essere d'accordo con te per ogni cosa che hai scritto. Purtroppo vedo decadere ogni giorno di più il rispetto per il prossimo e l'altruismo a vantaggio di un egoismo sempre più sfrenato. In poche parole si sta perdendo, in particolare nel nostro paese ma in parte anche negli altri cosiddetti civili, l'etica che deve essere presente in un paese civile. L'Italia sta diventando una repubblica delle banane, senza neanche la materia prima, le banane.
Con stima ed affetto
Sergio

Chiara Lico ha detto...

E' così, purtroppo. E non da ora. Una considerazione amara che mi attanaglia e che già tempo addietro mi aveva portato a mettere per iscritto una riflessione simile. Si intitolava SE NEANCHE IL TACCO CI SLANCIA PIU'. Con molte persone se ne era parlato, discusso: sono andata a rileggerla, per capire se oggi risultava datata o drammaticamente attuale. Lascio a te la considerazione, se avrai e vorrai dedicare a quelle parole cinque minuti di tempo...
un saluto e grazie per le tue parole. cl

Anonimo ha detto...

La rabbia, è un sentimento. Deleterio, ma resta un sentimento.
L'etimo significa fare violenza. E la violenza è stata ed è spesso la reazione con cui far valere un torto, imporre un potere.
La tua analisi è precipua, non c'è una sbavatura.
C'è una mancanza di aderenza alla realtà quando si fanno prestiti per vacanze da sogno o si compera il cellulare di ultima generazione per... semplicemente ostentare.
C'è crisi: economica, sociale, finanziaria, culturale.
Quella che spezza le gambe è però la crisi di valori.
Perchè senza valori, senza senso etico non si va da alcuna parte.
Ma la parola crisi significa separare, valutare, discernere.
Appropriarsi della propria intelligenza, cercare una valutazione di ciò che mi necessita piuttosto che di ciò che ci vuole.
Partiamo o ripartiamo da qui: edificare la sostanza.
carmina

Chiara Lico ha detto...

Grazie Carmina,
hai colto appieno il senso di quel che volevo dire. Le tue parole sono state una frustata di benessere.

Luk75 ha detto...

ciao chiara, ho provato a mandarti un messaggio su facebook, forse non lo hai ricevuto, allora approfitto del tuo blog per farti complimenti perchè di giornaliste belle e brave come te ancora non ne avevo viste...