sabato 2 febbraio 2013

SE LA FIDANZATA IN COMA SI RIFIUTA DI SVEGLIARSI

La notizia è che l'Italia ha perso un'occasione per un esame di coscienza. Si è tolta, con le proprie mani, la possibilità di guardarsi in faccia senza veli e senza trucco e di vedersi per quel che è: una "Girlfriend in a coma". Non finita, non spacciata, ancora con qualche speranza, quindi, ma sul precipizio e quindi in dovere di darsi una mossa e di riprendere coscienza.
La scelta del Maxxi, di proibire la proiezione del documentario sul declino dell'Italia firmato dal britannico Bill Emmott e da Annalisa Piras con motivazioni che sanno di burocratico è tipica di chi non vuole guardare la realtà per quello che è e di chi non accetta le critiche.

Il resto è chiacchiera mascherata da "rigore istituzionale", "tutela pre-elettorale", cautela da pre-voto. Sciocchezze, pretesti. Come se qualcuno, in campagna elettorale, potesse proibire agli italiani di vedere in streaming film critici o antigovernativi. Il che, peraltro, la dice lunga sulle ampie vedute di chi gestisce enti, fondazioni, strutture che si definiscono culturali.
La verità è che il lavoro dell'ex direttore dell'Economist Bill Emmott, che su La Stampa si definisce "attonito" per questo rifiuto, ritrae la paralisi italiana attraverso molte voci diverse e fa emergere un declino progressivo del nostro paese. Ma soprattutto è vero che porsi davanti alla realtà nuda e cruda richiede una grandezza d'animo e un coraggio che al momento sono merce rara. Essere in grado di non mettere la testa sotto alla sabbia, essere obiettivi, essere pronti a fare mea culpa: questo denota la cifra di un popolo. Ma che cosa avremmo detto noi se la  Liberia avesse censurato un docufilm italiano sul traffico dei diamanti o sulla protesta delle donne capeggiata da Leymah Gbowee? Avremmo gridato allo scandalo, alla dittatura, vergogna... Qui no. Tutti zitti. Consenzienti.
Eppure censurare, questo è il verbo esatto, un film di giornalismo investigativo che punta una luce sul futuro degli italiani ancor prima che sul loro presente e sul loro passato significa voler tapparsi gli occhi.
Illudersi. Anzitutto, che questo declino non ci sia. Invece c'è, eccome. E si manifesta in tutti i campi culturali (editoriali, televisivi...), sociali ed economici. Voler ostinarsi a non far sapere, a non far vedere significa non voler migliorare. Anche banalmente, in nome della regina delle verità: si può imparare solo dagli altri. Ma bisogna che gli altri possano dircelo. E invece noi li zittiamo. Li rifiutiamo. Loro e le loro critiche: Andate via, diciamo, non vogliamo sentire quel che di vero avete da dirci. Perché ci infastidisce.
Bellissimo esempio, non c'è che dire.
Intanto mentre il giornalista si è appellato al Foreign Office britannico e all'Ambasciata inglese in Italia, si moltiplicano le voci - anche via Internet -  di chi chiede la proiezione.
Resta un fatto, e questo è il solo: un Paese adulto è contento e fiero di ospitare un docufilm che possa aiutarlo a uscire da un momento di impasse. L'Italia ha preferito oscurare: se il problema non si vede, il problema non c'è.  Abbiamo detto no, abbiamo rifiutato un regalo. E se un regalo è sempre un atto d'amore, non solo siamo stati ingrati. Ma abbiamo dimostrato all'Europa e al mondo intero che dall'estero ci amano più di quanto non sappiamo amarci noi.


3 commenti:

Robyweb ha detto...

Quando leggo di queste notizie mi domando, ma in un'ipotetica classifica circa il livello di indignazione di un popolo, l'italia che in che posizione sarebbe? Temo, purtroppo, che non si piazzerebbe meglio rispetto alla classifica relativa alla libertà di stampa. Che ne pensi? Sigh!

Unknown ha detto...

Un adagio recita che ognuno ha il padrone che si merita.
E come italiani cambiamo bandiera e padrone con estrema facilità. Sconvolge l'inerzia, stende al suolo l'indiffernza, tarpa le ali il tanto peggio tanto meglio.
E annulla intelligenza e volontà la sterile indifferenza.
Fa ancora più male quando certe censure arrivano da una persona che in passato è stato ministro dei beni culturali, un ministero che grazie alla bellezza e alla ricchezza di arte e cultura del nostro Paese sarebbe in grado di risollevare parte del bilancio statale.
E la riflessione che l'arte, sotto qualsiasi espressione, induce alla riflessione e all'azione è un regalo che come popolo non meritiamo.
Che fegato Chiara, tra le poche voci e penne che hanno evidnziato l'evento.
Grazie.
Carmina.

Robyweb ha detto...

Arriva ai Teatri di Vita di Bologna, (venerdì 22 febbraio, doppia proiezione 20.30 – 22.30) la prima regionale di Girlfriend in a coma, il documentario di Bill Emmott e Annalisa Piras che dopo l’improvvisa cancellazione della proiezione al MAXXI di Roma di un mese ha fatto il tutto esaurito alla prima milanese al Teatro Elfo Puccini di lunedì 18 febbraio.